La Fresella napoletana (altrove conosciuta come frisella o frisa) ha una storia tutta meridionale lunga secoli e secoli. Ci sono tracce della sua presenza nel Sud Italia che risalgono addirittura al 1300, quando era conosciuta come pane dei Crociati diretti in Terrasanta dal nostro meridione, in quanto le sue proprietà di conservazione la rendevano il cibo perfetto di cui rifornirsi per affrontare una guerra.

A Napoli erano vendute dai cosiddetti “tarallari” ambulanti che giravano per le strade della città portandole nelle loro “sporte” insieme ai tradizionali taralli sugna e pepe. L’eco delle loro voci risuona per tutto l’800 e 900, con il famoso grido del tarallaro “pe ve scarfà lo stomaco in chesta piattella, cotiche cu freselle ognuno sta a magnà!”. Insomma, ormai la fresella napoletana era ben radicata nella cultura, nella dieta e anche nella lingua parlata, tanto da essere citata da due famosi poeti partenopei, Salvatore di Giacomo e Ferdinando Russo.

Dalla tipica forma di ciambella, la Fresella altro non è che una fetta di pane infornata già cotta, e quindi biscottata, che va “spugnata”, cioè bagnata, con un po’ d’acqua per essere subito “pronta all’uso”. Per questo è nata come cibo povero, da viaggio e soprattutto da guerra, resistente al tempo e alle distanze. Un cibo povero anche di grassi, che deve il suo sapore a quello con cui si accompagna. Acqua, olio, brodo di pesce e condimenti più disparati si sono usati nella storia per intingerla e farle assorbire sapore.

Oggi, a distanza di secoli. è passata da essere cibo e soprattutto pasto povero a una portata fresca, sfiziosa e stuzzicante per aperitivi. La ritroviamo anche nelle diete, soprattutto estive, accompagnata da insalate, verdure, legumi e tanti altri condimenti freschi. Ma la vera Fresella napoletana si condisce con la famosa caponata: pomodorini freschi a pezzetti, olio extravergine d’oliva, aglio, olive nere e tonno.
Insomma, un piatto povero ricco di gusto!
E voi come la preferite?